WEMBLEY, INSULTI RAZZISTI A MARCUS RASHFORD. ALLA REGINA LE TESTE DEI COLPEVOLI

L'attaccante della nazionale inglese è "Membro dell' Ordine Imperiale Britannico"

Marcus Rashford
  
"Non mi sono sentito più orgoglioso di indossare quei tre leoni sul petto e vedere la mia famiglia tirarmi su di me in una folla di migliaia di persone". Parole dal sapore amaro queste di Marcus Rashford, attaccante della nazionale inglese additato da tifosi che manifestavano con parole oltraggiose, insulti a dir poco razzisti, dopo l'ultimo rigore tirato da Bukayo Saka e parato da Donnarumma nella partita Inghilterra-Italia, finale di Wembley. Marcus Rashford prima di essere campione del Manchester United convogliato nella nazionale dei "tre leoni" è semplicemente un ragazzo di 23 anni, peraltro dall'indole nobile sempre a favore dei più deboli. Si pensi che la Regina Elisabetta d'Inghilterra lo ha nominato membro dell' Ordine dell' Impero Britannico per il servizio reso alla nazione durante il lockdown in tempo di pandemia. Quindi chi sfiora solo con un pelo Marcus, la paga cara. E cosi già è stato fatto. Scotland Yard è a 5 arresti e non smette di approfondire le indagini per portare altre teste razziste alla Regina: tolleranza zero. Marcus Rashford inoltre avrebbe litigato più volte con Boris Jonson il premier inglese per aver sostenuto personalmente, dando da mangiare nelle mense, i ragazzi svantaggiati. Insomma, l'attaccante del Manchester è quello che qui in Italia si definirebbe "ragazzo d'oro", che riempie di orgoglio i suoi genitori. Ma solo Dio sa questo ragazzo quanti bocconi amari ha dovuto ingoiare in questi giorni, dopo l' ultimo rigore nella partita contro gli azzurri, parato da Donnarumma. Marcus è il pari grado del nostro Lorenzo Insigne nel Napoli. E nella tribuna di Wembley c'erano anche suoi genitori i quali hanno fatto i sacrifici per sostenere il figlio fino a proiettarlo in quel grande scenario, a quei livelli. Certo, i dirigenti sportivi hanno fatto tantissimo anche loro per Marcus e non hanno perso affatto la fiducia in lui. Anzi, con lui sono solidali e carichi di affetto. Rimangono però le esternazioni oltraggiose, per non dire insulti razzisti di quei tifosi inglesi, che lo hanno offeso; lo hanno reso peggio di come se gli avessero inflitto il coltello nel cuore. E come lui anche i sui compagni di squadra, Bukayo Saka e Jadon Sancho. Pertanto la polizia di Scotland Yard è al vaglio di altre e numerose performance per accertare chi si nascondesse dietro gli account razzisti, sui social. Cosi dopo alcuni giorni chiuso in casa e lontano dai social Marcus su Instagram spiega: "Ho avuto una stagione difficile, penso che sia stato chiaro a tutti e probabilmente sono andato in quella finale con una mancanza di fiducia. Mi sono sempre appoggiato per un rigore, ma qualcosa non mi sembrava giusto. Posso criticare la mia prestazione tutto il giorno, il mio rigore non è stato abbastanza buono..."E ancora: "Non mi scuserò mai per quello che sono e da dove sono venuto. Non mi sono sentito più orgoglioso di indossare quei tre leoni sul petto e vedere la mia famiglia tirarmi su di me in una folla di migliaia di persone..." Inoltre: "Mi sentivo come se avessi deluso i miei compagni di squadra. Mi sentivo come se avessi deluso tutti. Un rigore era tutto ciò che mi era stato chiesto di contribuire per la squadra. Posso segnare rigori nel sonno, quindi perché non quello?..." Poi aggiunge: Tutto quello che posso dire è scusa. Vorrei che fosse andato diversamente..."E termina cosi: "Ho sognato giorni come questo. I messaggi che ho ricevuto oggi sono stati decisamente travolgenti e vedere la risposta a Withington mi ha portato sull'orlo delle lacrime. Le comunità che hanno sempre avvolto le braccia intorno a me continuano a trattenermi. Sono Marcus Rashford, 23 anni, nero di Withington e Wythenshawe, South Manchester. Se non ho nient'altro, ce l'ho". 
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